In questi ultimi anni si assiste ad una riscoperta della cartapesta nell’artigianato e nell’arte. Accessibile, leggera, resistente, la cartapesta è un materiale poco costoso con cui si ottengono ottimi risultati in breve tempo. Se l’arte barocca leccese lega la sua fioritura alla locale tradizione delle botteghe degli scultori-scalpellini della pietra e può essere considerata il risultato di un’autentica espressione popolare, la cartapesta nasce più come impegno religioso in un contesto mistico e pagano.
Nonostante le più antiche tracce risalgano al seicento è nell’ottocento che si ha il culmine dei suo fiorire con una tecnica di lavorazione che è rimasta immutata attraverso i secoli, sino ai nostri giorni. E’ un artigianato povero. La realizzazione dell’opera è costituita da carta straccia, lavorata con colla d’amido, ad una struttura interna fatta di paglia e fil di ferro si aggiungono il gesso e i colori.
L’artigiano, fissate le dimensioni della statua, modella in creta i volti, le mani, i piedi e li fissa nel gesso per lo stampo. Così cominciano le fasi della lavorazione; dall’impagliatura del manichino attorno ad un asse di legno, infisso in verticale in una base, alla modellatura, con stoppa e paglia.Il manichino viene ricoperto con carta imbevuta di colla d’amido; la statua così modellata viene messa ad asciugare per vari giorni, quindi viene ulteriormente modellata con la focheggiatura, poi il cartapestaio inizia con la vestitura e la coloritura.
I prodotti in cartapesta sono ancora oggi quelli classici: statue sacre di varie dimensioni, dove le figure non hanno subito grandi trasformazioni; i soggetti sono sempre quelli tradizionali. Anche la tecnica è ancora uguale, se si esclude il fatto che i pastori spesso non vengono più dipinti, ma finiti con la cosiddetta focheggiatura.